212.
Facendo seguito al colloquio telefonico intercorso, Le espongo
il seguente quesito:
-
esiste un'unità immobiliare distintamente accatastata. In essa
coabitano due nuclei familiari distinti sia anagraficamente che ai
fini della tariffa RSU. Il primo nucleo è composto dalla madre
mentre il secondo dalla famiglia del figlio.
La
madre per il diritto di abitazione assolve interamente l'ICI dovuta,
scontando l'aliquota ridotta e l'intera detrazione spettante
all'abitazione principale, mentre al figlio che vi coabita e ai
restanti figli non compete (per questa unità immobiliare) alcuna
imposta.
Orbene
la società incaricata per effettuare alcuni controlli ai fini
ICI, ha accertato per la situazione sopra descritta, due unità
immobiliari, scorporandole arbitrariamente dall'unità immobiliare
regolarmente accatastata ed attribuendo ad esse una rendita
presunta, in virtù del fatto che esistono anagraficamente due nuclei
familiari distinti e due soggetti per la tariffa RSU. |
Secondo costante giurisprudenza, il Comune non ha titolo per imporre
una variazione catastale né tanto meno di determinare una rendita
catastale presunta, posto che l'ordinamento giuridico affida tali
funzioni, in via esclusiva, al Catasto. A comprova di tale principio
si riporta in calce al presente parere una sentenza della Corte di
Cassazione.
Del
resto, nulla legittima la Pubblica Amministrazione ad imporre la
divisione di una unica unità immobiliare in due, come del resto si
evince indirettamente dalla definizione di fabbricato fornita dalla
lettera a) dello articolo 2 del D.lgs.n.504/92, a nulla rilevando ai
fini ICI che ai fini della tassa rifiuti sia possibile considerare
due diverse utenze, sempre che i nuclei famigliari siano
anagraficamente dustinti.
In
conclusione, ai fini ICI e ciò sino alla volontaria scissione
catastale dell'unità unità in due, l'unità immobiliare deve essere
considerata una sola, ponendo in capo alla madre, in quanto titolare
del diritto di abitazione di cui allo articolo 540 cc,
l'obbligazione tributaria, applicando a suo favore una sola
detrazione.
In tema di contenzioso tributario, il rapporto
di pregiudizialità sussistente tra la controversia promossa avverso
il provvedimento di attribuzione della rendita catastale ad un
immobile da parte dell'ufficio del territorio e la controversia
promossa avverso l'avviso di liquidazione dell'imposta, calcolata
sulla base di detta rendita, emesso dal Comune (nella fattispecie,
i.c.i.), anche se abbia dato luogo all'opportuna riunione dei
processi ed alla pronuncia di un'unica sentenza, non è idoneo, in
ragione del diverso ambito soggettivo - essendo il Comune carente di
autonoma legittimazione nella causa relativa alla rendita catastale
- ed oggettivo - essendo diversi i rapporti giuridici in
contestazione e le causae petendi - a rendere le controversie
medesime inscindibili, comportando una situazione di mero
litisconsorzio facoltativo improprio. Pertanto, l'omessa
impugnazione in via principale, da parte dell'ufficio del
territorio, della statuizione sulla controversia pregiudiziale,
entro il termine di sessanta giorni stabilito dall'art. 51 del d.lg.
n. 546 del 1992, comporta il passaggio in giudicato della
statuizione medesima, senza che possa assumere rilievo in contrario,
nel caso di proposizione dell'appello da parte del Comune,
l'eventuale proposizione del gravame dell'ufficio - da ritenere
inammissibile per tardività - nel maggior termine prescritto per
l'appello incidentale dall'art. 54 del citato d.lg. n. 546 del 1992.
Cassazione civile , sez. trib., 10
settembre 2004, n. 18271
Min. fin. e altro c. Enel e altro
Giust. civ. Mass. 2004, 9 |