Pacifico è il
fatto che il contribuente si ritenga spogliato della soggettività
passiva solo con la stipula dell'atto di cessione dell'area al
Comune. Di contro, più incerto in giurisprudenza è il fatto se le
aree a standard debbano essere considerate edificabili. Il problema
è sentito anche per i tributi erariali, tanto che a suo tempo il
sole 24h invitava il legislatore a pronunciarsi formalmente sulla
questione. Ora, per l'ICI io non ho dubbi nel ritenere che le aree a
standard siano edificabili e ciò per il fatto che lo sono per
l'indennità di esproprio, stato richiamato per l'edificabilità dalla
letera b) dello articolo 2 del D.Lgs.n.504/92. Sulla base delle moe
ricerche per l'indennità di esproprio ho trovato sentenze della
Cassazione che confortano la tesi della edificabilità delle aree
standard per l'indennità di esproprio e quindi per l'ICI. In
particolare la Cassazione con la sentenza sotto riportata ebbe a
dire:
Cassazione civile , sez. un., 23 aprile
2001, n. 172
“La disposizione esaminata va, conclusivamente, quindi interpretata
nel senso che - nel nuovo sistema di disciplina della stima
dell'indennizzo espropriativo introdotto dall'art. 5 bis L. 359-92,
caratterizzato dalla rigida dicotomia (che non consente la
configurabilità di un "tertium genus") tra "aree edificabili"
(indennizzabili in percentuale del loro valore venale) ed "aree
agricole" o "non classificabili come edificabili" (tuttora invece
indennizzabili in base a valori agricoli tabellari ex L. 1971 n.
865, richiamata dal co. 4 del citato art. 5 bis) - un'area va
ritenuta "edificabile" quando, e per il solo fatto che, come tale,
essa risulti classificata (al momento dell'apposizione del vincolo
espropriativo) dagli strumenti urbanistici (nell'"ambito della
zonizzazione" del territorio), secondo un criterio quindi, di
prevalenza od autosufficienza della edificabilità legale. Mentre la
cd. edificabilità "di fatto" rileva in via suppletiva - in carenza
di una regolamentazione legale dell'assetto urbanistico, per mancata
adozione, ad esempio, di P.R.G. o per decadenza di vincoli di
inedificabilità - ovvero, in via complementare (ed integrativa),
agli effetti della determinazione del concreto valore di mercato
dell'area espropriata, incidente sul calcolo dell'indennizzo. 5 In
applicazione dell'art. 5 bis, co. 3 , L. 359-92 cit., come sopra
interpretato, si rivelano, quindi, infondate le doglianze formulate
con il secondo complesso mezzo del ricorso del Comune, risultando
l'edificabilità dell'area espropriata correttamente (per quanto
detto) ancorata, dalla Corte territoriale, alle previsioni
conformative dello strumento urbanistico (il P.R.G. del 1971-) e
risultando tali previsioni, in parte qua, del pari correttamente
interpretate, da quel giudice, nel senso che la destinazione
(di zona) a parcheggi e infrastrutture non esclude (contrariamente a
quanto ex adverso sostenuto) la vocazione edificatoria
Io propongo da tempo di superare comunque tale incertezza agendo sul
valore. Basta stabilire che le aree urbanizzate hanno un valore
almeno del 30 per cento maggiore di quelle non urbanizzate. Infatti,
se è vero che in tale fasce non è possibile costruire è anche vero
che la capacità edificatoria del terreno non diminuisce ed anzi il
valore aumenta.
Il confronto, quindi, non va fatto in base alla superficie ma in
base al valore. In sintesi, diminuisce la superficie, ma aumenta il
valore.
Sarebbe bene che i comuni adottino più valori, almeno differenziali
in relazione ai seguenti stati urbanistici:
a) area edificabile con la mera adozione del PRG;
b) area edificabile con approvazione PRG da parte del Comune;
c) area edificabile con PRG approvato dalla Regione;
d) aree urbanizzate. |